La chirurgia grazie al trattamento con protesi

Le protesi MESH e PLUG

L’introduzione di materiali protesici caratterizzati da alta biocompatibilità, basso costo e facilità d’impiego ha determinato un sempre più largo uso di tali materiali nella pratica chirurgica corrente, modificando significativamente le modalità di trattamento delle ernie inguinali e crurali. Il razionale del nuovo approccio alla soluzione del problema della patologia dell’ernia consiste nel ripristinare, aiutati dal materiale protesico, la normale funzione della parete addominale realizzando una plastica che rispetti la fisiologica tensione dei fasci muscolo-aponeurotici. Abbandonate le reti metalliche, per la loro labilità e per i possibili effetti collaterali, scarsamente utilizzati gli auto o gli alloinnesti di derma, di fascia o di dura madre per la complessità del prelievo e la pochezza delle dimensioni, la scelta va posta fra i materiali di sintesi biocompatibili. Questi possono essere classificati in “assorbibili” (polydioxanone e polimeri dell’acido glicolico) e “ non assorbibili”. I primi saranno esclusi dalla nostra trattazione perché inefficaci allo scopo prefissato. Essi, infatti, possono stimolare la deposizione di collagene, ma venendo meno in circa sei settimane non riescono a generare uno strato fibroso permanente. A tal proposito è utile ricordare ancora come Wagh e Read chiarirono come le strutture fasciali dei pazienti con ernia abbiano di idrossiprolina minore rispetto ai controlli, e come la constatazione di questa “primitiva” alterazione del collagene sia uno dei motivi, ma non l’unico, che ha condotto Lichtenstein, Trabucco ed altri a razionalizzare l’uso routinario delle protesi nel trattamento delle ernie. Quattro attualmente sono le reti non riassorbibili maggiormente commercializzate; tre costituite da vere e proprie maglie intrecciate (Marlex, Prolene, Mersilene), una da una lamina microporosa [Gore-tex o Politetrafluoretilene espanso (PTFE)].

Nessuno dei materiali riportati presenta pienamente tutti i requisiti che si richiedono ad un materiale protesico ed è pertanto facile riscontrare in letteratura pareri discordi sulla scelta del tipo di materiale protesico più adatto da usare. Tuttavia nei numerosi giudizi è possibile evidenziare alcuni punti da tutti ormai assunti. Quasi tutti i materiali protesici stimolano una vivace reazione flogistica e fibrosa tale da deterinare una precoce e tenace fissità ai tessuti circostanti.

Diversamente la protesi in PTFE mostra una modesta reazione infiammatoria, viene solo parzialmente incapsulata (circa il 30% in tre anni) da una doppia guaina costituita all’interno da macrofagi e all’esterno da tessuto fibroso e presenta un’adesione e una fissità ai tessuti circostanti significativamente inferiore agli altri materiali. Le protesi vengono poste subaponeurotico del muscolo obliquo esterno o in sede preperitoneale. Per alcuni autori in quest’ultima sede è da preferire l’uso di un materiale dotato di malleabilità, plasticità e che non induca una vivace reazione fisiologica. Al contrario, le protesi poste al di sotto dello spazio aponeurotico del muscolo obliquo esterno devono avere la capacità di stimolare una vivace reazione fibrosa, assicurando una buona adesione ai piani circostanti. Tali trattamenti ed interventi sono attuati da parecchi anni dal Dr. G. Mattalia.